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Autore
Alessandra Marino
Psicologa e kinesiologa

Il tema della felicità appassiona da sempre l'umanità: scrittori, poeti, filosofi, scienziati e persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. Ma la felicità ha tante definizioni quante sono le ottiche da cui ci si sporge a contemplarla. 

Proviamo allora a rispondere alla domanda “ Cos’è la felicità?” da vari punti di vista. 

Cos’è la felicità per il mondo mondano?  Alcune persone sono convinte che il traguardo della felicità sia raggiungibile attraverso il denaro, la carriera, il successo, la passione, il sesso, il potere, forti emozioni e forti sensazioni. Questi sarebbero i traguardi che come premio daranno la felicità. Ma vari studi scientifici sul rapporto felicità/denaro ci dicono che il denaro è correlato alla felicità solo nelle fasce di reddito estremamente basse, laddove il denaro permette di soddisfare i principali bisogni di sopravvivenza come cibo, abitazione, cure. Oltre la soglia di povertà il denaro non è più associato alla felicità. E lo stesso vale per tutte le altre cose elencate sopra e potremmo anche dire che poi, da questa mancanza di appagamento e felicità, spesso si scivola in una avidità mai colmabile. 

Allora potremmo chiederci cos’è la felicità per un maestro illuminato come il Budda che disse “E’ meglio conquistare te stesso piuttosto che vincere mille battaglie. Quando conquisti te stesso, la vittoria è tua. Nessuno potrà togliertela, né angeli né demoni, né paradiso né inferno”. 

E da qui il monito: conosci te stesso. Ama te stesso. Assumi la consapevolezza che la causa ultima e l’unico ostacolo alla tua felicità sei soltanto tu. Indipendentemente da ciò che accade intorno a te, la tua felicità dipende esclusivamente dal tuo atteggiamento nei confronti della realtà che ti circonda. Non c’è nessun nemico da sconfiggere, nessuna battaglia da compiere. C’è soltanto la tua vita da celebrare.

Quindi per il Budda la felicità è il percorso di introspezione, la conoscenza di sé, il non attaccamento, la consapevolezza e la condivisione di tutte le verità dell’anima con gli altri esseri. 

“Migliaia di candele possono essere accese da una sola candela, senza che questa ne risulti intaccata. La felicità non diminuisce quando viene condivisa”. 

Infatti come scrisse Tolstoj, “la felicità è reale soltanto se condivisa”. L’atto d’amore più grande e profondo che possiamo compiere nei confronti dell’intero genere umano è quello di condividere con gli altri la nostra felicità e darci da fare attivamente perché chiunque sia vicino a noi possa vivere appieno la sensazione di profonda felicità. Gli altri non sono il nostro limite, ma la nostra opportunità per rendere ancora più meraviglioso il mondo in cui viviamo.

Anche in psicologia sono stati fatti molti studi e molto ricerche per indagare un concetto così importante come la felicità. Questi studi ci dicono che essere felici porta a conseguenze positive sul comportamento, sui processi cognitivi e sul benessere generale della persona. E questi studi ci dicono anche che la felicità non dipende tanto da variabili anagrafiche come l'età o il sesso, né in misura rilevante dalla bellezza, ricchezza, salute o cultura. 

Al contrario, sembra che le caratteristiche maggiormente associate alla felicità siano quelle relative alla personalità, quali ad esempio estroversione, fiducia in se stessi, sensazione di controllo sulla propria persona e il proprio futuro. 

Secondo Argyle (1989), il maggiore studioso di questa emozione, la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere scomposto in termini di  appagamento in aree specifiche quali ad esempio: le relazioni intime, il lavoro, il tempo libero, i rapporti sociali, l'autorealizzazione e la salute. 

La felicità è anche legata al numero e all'intensità delle emozioni positive che la persona sperimenta, come l'emozione che segue il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio. (D'Urso eTrentin, 1992).

Per le neuroscienze esiste un vero e proprio circuito neuronale della felicità così come ne esiste uno per il dolore e tutti noi veniamo al mondo programmati per sperimentare sentimenti positivi. Nel desiderio, nell’appagamento svolgono una funzione importante i neurotrasmettitori dopamina, ossicitocina e beta-endorfina mentre paura, tensione abbattimento sono controllati da acetilcolina, e dal cortisolo. E noi possiamo addestrare la nostra disposizione naturale ai sentimenti positivi. 

La felicità è quindi un traguardo nella vita e nello stesso tempo una strada verso una vita migliore. La felicità è vita. 

Per la Psico-kinesiologia integrativa dello Sviluppo, la tecnica che ho ideato e che pratico personalmente in cui associo alla psicologia la kinesiologia, che si basa sul test muscolare per avere un biofeedback complessivo del sistema corpo-mente-spirito, per portare benefici alle persone, la felicità può essere individuata nella mancanza di conflitti emisferici, mancanza di auto dubbio e di stress. In definitiva quando si è in armonia con se stessi e si procede coerentemente con ogni parte del Sè verso una direzione e se questa direzione è anche in armonia con il  Tutto, c’è pace e dalla pace può nascere soddisfazione, gioia e felicità. Infatti come dice lo stesso Budda: “ Sii uno e allora tutto diventa possibile. Perfino l’impossibile”.

Anche Aristotele si è espresso sul tema della felicità e ci dice che: “La Felicità è lo scopo ultimo della vita umana” e  che “La vera e propria felicità consiste nel poter esercitare senza alcun impedimento le proprie doti eccezionali”

Quindi felicità come percorso evolutivo e di realizzazione di sé che ci porta ad esplorare uno dei poli entro cui abbiamo cercato di comprendere i confini della felicità ovvero l’individuazione del sé che “non esclude ma include il mondo”, secondo il suo più grande teorico, Carl G. Jung.

Per Jung, infatti l’individuazione è quello che ognuno di noi è chiamato a fare al fine di  sviluppare la propria personalità individuale, e differenziarsi dagli altri, diventando unico. Il processo di individuazione è il fine stesso dell’esistenza. E’, in definitiva, quello che Carl Rogers chiama “tendenza attualizzante”, cioè la capacità intrinseca nell’essere umano di orientarsi selettivamente e in modo diretto verso il completamento e l’attualizzazione delle proprie potenzialità. 

Anche la gerarchia dei bisogni di Maslow cerca di esprimere il fatto che debbono essere soddisfatti, almeno in parte, certi bisogni fondamentali prima che altri divengano urgenti. In certi momenti la tendenza dell’organismo ad autorealizzarsi si esprime nella ricerca del cibo, in altri nella soddisfazione sessuale; in ogni caso, a meno che tali bisogni non siano eccessivamente forti, anche queste soddisfazioni sono cercate in modo da aumentare, piuttosto che diminuire, la stima di sé”. “Abbiamo a che fare con un organismo che è sempre motivato: è sempre intento a qualcosa, cerca sempre qualcosa”. Come se nell’organismo umano ci fosse una sorgente centrale di energia, e che tale sorgente sia funzione di tutto l’organismo e non solo di una sua parte. 

Questa sorgente si potrebbe definire proprio tendenza al completamento, all’attualizzazione, alla conservazione ed al miglioramento dell’organismo. 

Quindi, rischiando di essere un po’ troppo sintetici, si può dire che lo scopo dalla prima parte della vita di ognuno di noi in questa fase della vita, è quello di diventare persone socializzate che vivono in maniera sufficientemente equilibrata le proprie pulsioni. Il processo di Individuazione arriva dopo questa fase di adattamento a cui seguirà un processo di differenziazione e individuazione che può rendere necessario un distacco dalla collettività e la necessità di vivere in uno stato di relativa solitudine.

Ma l’individuazione nella sua piena realizzazione, diventa anche l’equivalente del suo opposto e cioè del concetto orientale dell’Illuminazione intesa come fusione col tutto. 

Quindi il percorso della felicità e della vita stessa intesa come sviluppo e realizzazione evolutiva di tutti i semi che abbiamo dentro, presuppone la propria differenziazione dagli altri per giungere ad un livello di consapevolezza che d’altro canto può far sperimentare la fusione e la percezione di un livello esistenziale in cui siamo tutti collegati e torniamo ad essere tutti UNO. 

Lo dice la religione, lo dice la scienza, lo dice la fisica quantistica nella quale si ritiene che tutte le particelle subatomiche siano collegate tra di loro in maniera non locale.

Lo dice il Tao da 3000 anni a questa parte, dove il presupposto di partenza è appunto che esiste un collegamento tra tutti gli esseri viventi, e che viviamo immersi in energie/vibrazioni che condizionano e stimolano il nostro percorso esistenziale

Per la filosofia taoista infatti, come anche  per a fisica quantistica, siamo noi i soli artefici e fautori del nostro destino, in quanto ad ogni azione corrisponde una reazione che
dipenderà dall’intenzione e dall’energia/vibrazione che noi avremo usato .

Ma il punto è come giungere a quel livello di collegamento cosmico? 

Come sperimentare l’Unità con noi stessi e con gli altri? Come riuscire ad entrare in contatto con il cuore di noi stessi e delle cose? 

I bambini solitamente vivono questo livello esistenziale. Parlano con gli animali, con gli alberi, percepiscono le emozioni ancor più degli adulti, sentono le vibrazioni positive e soprattutto quelle negative. I bambini attraverso la telepatia, una percezione extrasensoriale che è una funzione neurologica naturale che viene poi negata crescendo, riescono ad ascoltare gli altri ed entrare in relazione in senso più profondo e completo.
Anche gli eremiti, i monaci tibetani ad esempio entrano  in contatto con il tutto. Sono stati fatti molti studi neurofisiologici su loro: ad oggi più di 1500 studi sull’argomento, e dal 1987 è stato creato il “Mind and Life Istitute” per promuovere queste ricerche. 

Anche gli artisti lo fanno quando vanno a ricercare al proprio interno preziose ricchezze esistenziali universalmente riconosciute, da condividere con il resto della società, che spesso non ha né il tempo né la possibilità di contattarle da solo. 

Ma allora se c’è, quale è il comune denominatore tra bambini, monaci e artisti

Probabilmente il modo di percepire la realtà attraverso l’uso sapiente del proprio cervello e più precisamente della frequenza dei cicli cerebrali per secondo. Infatti quello che accade fisiologicamente nei bambini, si può ricreare con tecniche di  meditazione, attraverso le quali si può accedere alla consapevolezza profonda di noi stessi e degli altri. La meditazione permette l’ascolto della mente, delle emozioni e del corpo. Corpo inteso non come parte pulsionale ma come memoria cellulare e memoria della nostra vita profonda, quasi della vera vita dell’anima. 

Questo avviene perché le persone che praticano abitualmente la meditazione, e cioè persone interessate ad un percorso di conoscenza interiore e di scoperta delle proprie potenzialità attraverso l’uso consapevole del loro pensiero, imparano a conoscere le varie dimensioni mentali legate ai differenti stati di frequenze delle onde cerebrali. Infatti le persone che meditano sperimentano consapevolmente, durante lo stato di veglia una notevole presenza di onde teta e alfa ( frequenza da 4 a 13 hertz al secondo) che sono associate a uno stato di coscienza vigile, ma rilassata, mentre le normali attività di veglia e di pensiero razionale sono associate alle onde beta (frequenza 13 a 30 hertz). Inoltre, persone che fanno meditazione attivano e sperimentano una maggior coerenza cerebrale e una migliore comunicazione tra gli emisferi, e spesso entrano in contatto con percezioni e intuizioni profonde. ( Bottaccioli, 2003)

L’accesso alla dimensione dell’Unità avviene anche attraverso il corpo. Infatti il corpo comunica tantissime cose. Il corpo ci dà sempre tantissimi messaggi e imparare a leggerli ci fornisce un ulteriore e più puntuale portale di accesso ad una consapevolezza ancora più precisa su se stessi.

E per quanto possa sembrare paradossale, in una cultura come la nostra, che ha sempre separato corpo e spirito, se effettuiamo una lettura attenta, non c’è niente di più vicino e capace di rappresentare la nostra anima, che la verità “profonda” del nostro corpo. Per verità profonda del corpo, si intende la sua reale risposta agli stimoli dell’ambiente che lo circonda e con cui viene in contatto, ora per ora, giorno per giorno, l’insieme di tutte le sensazioni corporee, informazioni che ci parlano di noi e che possono letteralmente “spiegarci e narrarci” a noi stessi, e rendere intellegibile la realtà esterna attraverso le nostre reazioni ad essa.

Una delle possibili chiavi di decodifica di questi messaggi del corpo si ha tramite la Psico-Kinesiologia Integrativa dello Sviluppo che, attraverso la risposta del test muscolare a determinati stimoli, ci permette di accedere a differenti livelli profondi della consapevolezza della persona, livelli emozionali, energetici, e anche spirituali che guidano la nostra vita e che a volte rimangono sconosciute alla nostra mente. 

Attraverso il percorso psico-kinesiologico, il corpo ci parla come fosse un libro aperto, e permette di arrivare  investigare la causa e la natura di blocchi energetici che possono avere interrotto il naturale flusso vitale dell’individuo. Queste informazioni elaborate in modo appropriato, portano ad una consapevolezza ed all’attivazione delle innate capacità di auto guarigione che il nostro corpo possiede per ritrovare una dimensione vitale e di salute dell’individuo.

In definitiva  con la meditazione, con l’ascolto del corpo, delle emozioni e dei nostri cicli sperimentiamo la nostra capacità di sentire, diamo priorità e predominanza al nostro emisfero destro. Mentre con l’individuazione, la tendenza attualizzante, la nostra scelta di agire  diamo priorità e predominanza all’emisfero sinistro 

In conclusione possiamo affermare che il nocciolo del percorso per la felicità è proprio l’integrazione di queste due caratteristiche: il sentire e l’agire, l’ascolto di sè e del mondo circostante, la realizzazione delle proprie tendenze interne ed evolutive. Un continuo cammino di unificazione e separazione,  come il ciclo del respiro che realizza l’armonia nell’equilibrio di inspirazione ed espirazione. Il maschile e il femminile, la creatività e consapevolezza e la manifestazione e il controllo. L’alto e il basso, il dentro e il fuori, una dualità intesa come complementarietà e integrazione. Cooperazione di due energie che mantengono il movimento della vita perenne e costante e ci conducono a realizzare le nostre potenzialità innate e nello stesso tempo a prendere consapevolezza profonda di noi stessi. Questa sarebbe dunque la felicità! 

Quindi la sfida è portare tutte queste conoscenze nella vita pratica e quotidiana con attività  di visualizzazione creativa, usando sapientemente il nostro cervello attraverso la meditazione, abbassando la frequenza dei i nostri cicli cerebrali e provando a creare nel nostro interno la realtà che vogliamo sperimentare fuori di noi. 

Creare consapevolezza,  fare emergere immagini interiori e poi agire i passi necessari per far si che queste immagini si possano realizzare nel mondo esterno. 

Una sfida per tutti, una creazione per chi, con coraggio, decide di provarci!

 

28/2/2023

 

Bibliografia

 

M. Argyle , M. Martin y J. Crossland, "Happiness as a Function of Personality and Social Encounters", en J. P. Forgas y J. M. Innes (eds.), Recent Advances in Social Psychology: An International Perspective, Elsevier, North Holland, 1989

  1. V. D'Urso, R. Trentin 1992   “Sillabario delle emozioni” Collana: Quaderni di psicologia Giuffrè Editore.

C.G. Jung  “ Coscienza, inconscio ed  individuazione” 2013 Bollati Boringhieri

A. Carosella,F. Bottaccioli  “Meditazione psiche e cervello. Una guida per accostarsi in modo scientifico alle tecniche meditative.”-Tecniche Nuove- 2003

A. Marino “Il Sovrano e la Terra” Casa Editrice Il Filo di Arianna 2021

https://www.mindandlife.org

https://www.soluzionipsicologiche.it

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